Tout ce qu'il faut Budrio (BO) 2016

2016 prima edizione di "Tout ce qu'il faut"
Budrio Sala Rosa di Palazzo Medosi Fracassati

Eravamo tra le opere colorate e leggere di "Guarda come son'Ocarina", parlavamo di una possibile futura mostra che lui avrebbe curato, e una frase di Cristiano Galassi ha dato il La al mio lavoro, ma prima di tutto ad una ricerca interiore, per questa mostra. "Un artista deve essere calato nel proprio tempo, datti come tema l'Oggi".

Oggi, oggi… ma quale oggi, e quale qui, anche?

Quella parola è stata come un seme gettato nella terra; non ho potuto impedirgli di germogliare, crescere, e trasformarsi nello spunto per una ben più ampia riflessione: sulla dimensione dello spazio e del tempo, sull'insensatezza della stessa idea di un oggi, e, infine, sul senso dell'esistere.

Ne è nata una serie di opere che raccontano un "oggi" osservato non dal buco di una serratura e neanche dalla finestra o dallo schermo di un pc - che pure spazia in tutto il mondo - ma da più lontano, da molto più lontano.

Sfocando nella mia visuale tutto ciò che vedevo e vedo passeggero, ho sentito il bisogno, da un lato di suggerire l'idea di un'immensità impossibile da rappresentare e perfino da immaginare, dall'altro di distillare da questa suggestione un'unica sensazione che mi pare essenziale dell'esistere, essenziale dell'oggi di qualsiasi tempo. Ed ecco il mio tout ce qu'il faut, ciò che occorre e che basta, anzi - basterebbe, ad ogni vita: l'accoglienza.

Affiora quindi piano piano, nel succedersi delle opere, un movimento tendente alla spirale: il primo germe di un abbraccio, di un'idea di accoglienza in senso immensamente lato, l'unico movimento che per me ha senso e può avere un peso sull'universo stesso, un peso infinitesimo ma reale.

Una sola opera è esplicita e ha un titolo, "Tout ce qu'il faut" appunto, che dà nome all'intera collezione: non stupisca il fatto che in essa ho rappresentato un abbraccio, non l'amplesso di due amanti ma, quello di una madre e della sua bambina, il germe di ogni successiva accoglienza.

Alla ceramica ho affiancato il legno, presente in quasi tutte le opere in mostra, non come cornice ma come spazio di espansione dell'idea, che dalla ceramica deve allargarsi e procedere all'infinito.

Non è un caso se in questa mostra tutte le parti ceramiche delle opere sono realizzate con la tecnica Raku: è la tecnica dell'imponderabile, della bellezza che sta nell'unicità e irripetibilità di ogni effetto. Il Raku si collega alla filosofia Zen e impone al ceramista di spogliarsi di un'intenzione ma disporsi ad attendere il risultato di un lavoro fatto con una cura che è fine a se stessa e non protesa ad un obiettivo.

Una tecnica che è davvero metafora del senso della vita.

 

Rassegna stampa

→ Economia Italiana, "Tout ce qu'il faut: non serve altro, Rassegna ceramica a Budrio. La Mignoli e l'universo casuale"

 

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